Un articolo di Anna Alberti pubblicato su MarieClaire
Cannabis. È l’ingrediente che non ti aspetti. La canapa tessile – o cannabis sativa – si trova persino nelle praline di cioccolato e nel gelato, nelle tisane, nell’alimentazione gluten free e vegan. Ma anche nel design, nei cosmetici, nella bioplastica per stampanti in 3D, nella bioedilizia. Bandita dall’agricoltura nostrana dal primo dopoguerra, si è presa la sua rivincita e oggi è una coltivazione sostenuta dal ministero delle Politiche agricole. Un business a più zeri, celebrato da Canapa Mundi, prima edizione internazionale di una fiera già popolarissima (dal 16 al 18 febbraio al PalaCavicchi di Roma). L’occasione per rilanciare con una tavola rotonda le ragioni della cannabis terapeutica – sì, la marijuana o cannabis indica, appena legalizzata in California anche per uso ricreativo dopo altri otto stati americani – che le associazioni antiproibizioniste italiane chiedono di liberalizzare completamente.
In farmacia «In Italia i cannabinoidi si comprano già in farmacia con ricetta medica, e in dodici regioni sono erogati dal Servizio sanitario nazionale. Così di fatto i malati italiani che la utilizzano come antidolorifico non sono tutti uguali. In più il prodotto scarseggia», spiega l’ex senatore Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni, che con l’avvocato Filomena Gallo ha appena pubblicato Proibisco Ergo Sum (Fandango). «Per questo servono regole più uniformi sull’approvvigionamento e le modalità di cura gratuita, oltre che maggiore formazione medica. Contavamo sulla legge nazionale già approvata alla Camera, ma per un soffio non è approdata al Senato nell’ultimo scorcio di legislatura. Per assicurare la continuità terapeutica il governo ha inserito nel decretone fiscale stanziamenti di un milione e 600mila euro per produrre infiorescenze nell’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze e di 700mila euro per prodotti importati. Cifre insufficienti al fabbisogno dei malati in crisi per mancanza di approvvigionamento».
Marijuana come sollievo. Lo ha sperimentato sulla sua pelle Elisabetta Biavati, instancabile animatrice della community #conlacannabismicuro, affetta da una rara forma di neuropatia con crisi epilettiche resistenti ai farmaci convenzionali. «Per me i cannabinoidi sono una salvezza, mi tolgono tremori e spasmi. Ma negli ultimi mesi non ho potuto curarmi, in farmacia non se ne trova più. Sono allo stremo, faccio fatica anche a deglutire: dall’estate scorsa ho perso 13 chili. Nemmeno gli ospedali sanno dove rifornirsi. Probabilmente per una grave sottovalutazione del fabbisogno da parte del ministero. Ma non voglio rassegnarmi al mercato illegale». Di storie come la sua il web è pieno (vedi i social dei gruppi #dirittodicura #comitatopazienticannabismedica e il sito pazienticannabismedica). Solo la punta d’iceberg di un gran numero di malati che dalla marijuana riescono a trarre un sollievo documentato. Come confermano medici e ricercatori.
Parlano i medici che la prescrivono «Quando nel 2013 uscì in Toscana la prima legge regionale sulla cannabis ero primario all’ospedale di Pisa. All’inizio ero scettico», ammette Paolo Poli, presidente di Sirca, Società Italiana di Ricerca sulla Cannabis, che attualmente dirige il reparto di Terapia del dolore del Gruppo ospedaliero San Donato di Como e Monza.
«Oggi, con oltre 3mila persone trattate, sono convinto che i cannabinoidi siano una buona alternativa per chi non risponde ad altre medicine in casi di dolore irriducibile, problemi cronici del sistema nervoso centrale – dalle cefalee ad alcune forme di epilessia ai tremori del Parkinson – oltre che per forme reumatiche autoimmuni, sla, fibromialgia, lesioni midollari, inappetenza da chemio. Attenzione, non stiamo dicendo che le patologie guariscono, ma che la qualità della vita migliora. L’ho visto anche nei piccoli con epilessia: un bimbo è passato da 20 attacchi al giorno a 20 in tre mesi. Il problema è che mancano studi ben fatti, uno degli obiettivi della nostra società scientifica. L’altro tema, gravissimo per chi sta male, è che le forniture legali sono troppo irregolari». Una storia recente, quella della cannabis terapeutica italiana. Se i medici sono stati autorizzati sin dal 2007 a prescrivere cannabinoidi preparati in farmacia, la vendita di prodotti importati (soprattutto dall’Olanda) è stata regolamentata dal 2013. E dati i costi, dal 2016 i ministeri di Salute e Difesa hanno avviato una produzione all’Istituto Farmaceutico Militare.
Cresce a Firenze la marijuana Made in Italy «Nelle nostre serre coltiviamo le talee con metodi rigorosi e le trasformiamo seguendo i rigidi protocolli dell’Agenzia italiana del farmaco», spiega il colonnello Antonio Medica, direttore dell’Istituto Farmaceutico Militare con sede a Firenze. «Dal 2017 abbiamo distribuito nelle farmacie circa 100 kg di infiorescenze acquistabili a 9 euro, contro i 30-40 euro del passato. Assicurando a pazienti e medici un prodotto standardizzato e di alta qualità. Per ora lavoriamo con tre serre: in ciascuna si coltivano dalle 100 alle 120 piante, che assicurano cinque o sei raccolti l’anno, ma contiamo di raggiungere presto i 300 kg». E quando le infiorescenze sono pronte? «È il farmacista a trasformare il prodotto in olio da usare in gocce, o a suddividere le foglioline in “cartine” da 200 mg, utilizzabili in decotti o con un vaporizzatore». Si possono fumare? «Noi lo sconsigliamo, ed è vietato: il principio attivo si degrada ed è meno dosabile, senza contare i danni da combustione». Qual è il consumo medio? «Tra i 200 o 250 mg al giorno, ma dipende dal problema e dalla sensibilità individuale. Ad alcuni bastano 30 mg».
L’appello alla Lorenzin Ciò che è certo, è che una volta trovata una soluzione al dolore nessuno vuole più rinunciarvi. Per questo le richieste al ministro della Salute Beatrice Lorenzin per liberalizzare l’autoproduzione – tuttora vietata – si stanno moltiplicando (qui l’ultimo appello, promosso da un gruppo di 16 associazioni). E c’è già chi sogna la Catalogna, dove gruppi di pazienti hanno organizzato azioni di disobbedienza civile con coltivazioni a cielo aperto. Tutti denunciati. E poi assolti.