“Marijuana legale, anch’io dico sì”

Depenalizzare le droghe leggere: dopo l’intervento di Umberto Veronesi su Repubblica il tema fa discutere in Toscana. Deidda e Rossi sulla linea dell’oncologo. Quattrocchi cauto. Della Monica dice no

“Quel che dice Veronesi sulle droghe non fa una grinza”, dichiara il procuratore generale di Firenze Beniamino Deidda. Si riferisce all’intervento del professor Umberto Veronesi comparso domenica su “Repubblica”, dal titolo: “Marijuana, perché dico sì alla liberalizzazione”. Il procuratore generale è d’accordo: “Il tema eticamente e socialmente da affrontare è: la proibizione che cosa comporta? Il proibizionismo porta con sé, inevitabilmente, l’ingresso della criminalità nella gestione di un mercato clandestino, come l’esperienza storica dimostra ovunque nel mondo. Con la legalizzazione, invece, le istituzioni sarebbero indotte a farsi carico, sul piano etico, sociale e sanitario, di un problema che ora si affronta con la sola proibizione, con la conseguenza che non lo si abolisce ma al contrario lo si aggrava e lo si fa incancrenire”.

Più cauto il procuratore Giuseppe Quattrocchi: “E’ un problema dei legislatori. Noi siamo solo servitori della legge. Che, ora, considera reato il commercio di droghe, e io devo rispettarla. Certamente i traffici di stupefacenti alimentano le organizzazioni criminali, ma quali sarebbero gli effetti della abolizione della legislazione proibizionista? Se la droga fosse venduta liberamente in erboristeria o sulle bancarelle, i prezzi si abbasserebbero ma i produttori continuerebbero ad arricchirsi. Alla fine credo che i traffici si possano stroncare solo nel momento in cui si smette di assumere quelle sostanze”.

Eppure il governatore Enrico Rossi ritiene che proprio la liberalizzazione possa essere una soluzione: “Veronesi e poi Saviano hanno riaperto il dibattito – scrive sulla sua pagina Facebook – come detto altre volte, io sono favorevole a distinguere tra droghe leggere e pesanti e trovare forme di legalizzazione per quelle leggere”.

Silvia Della Monica, oggi senatrice del Pd ma per anni magistrato attenta al fenomeno della droga, è invece sulla linea di Quattrocchi. Ma con una posizione ancora più netta: “Non ci sono le condizioni per una liberalizzazione, anche perché sarebbe inutile liberalizzare una parte del mercato, significherebbe in realtà liberalizzare tutto”, dice. E non perché non si debba distinguere tra droghe leggere e pesanti: “Ma perché liberalizzare una parte del mercato non servirebbe a contrastare la criminalità organizzata, l’esperienza ci dice che il traffico della droga si accompagna al traffico di armi”.

La legge Fini-Giovanardi va rivista, sostiene Della Monica. Non però in direzione della liberalizzazione: “Va rivista piuttosto differenziando leggere e pesanti e tornando all’idea della ‘modica quantità’ che distingue consumatore e spacciatore”. Il punto di fondo però, per la senatrice Pd, è che “non si può stabilire per decreto, con tabelle ministeriali, qual è la modica quantità ammessa per il consumatore”. Sono troppe le circostanze che intervengono, dall’utilizzo del bilancino al taglio delle sostanze: “La cosa migliore è riportare nelle mani del giudice la decisione ultima sulla quantità, perché non si può stabilire con l’accetta. Non si può dire che con due spinelli sei un consumatore e con tre sei invece uno spacciatore”, sostiene la parlamentare.

Senza contare che la FiniGiovanardi mette pure un tetto alla recidiva: “Dice che se ricadi più di due volte sei escluso dalla riabilitazione e obbliga pure le comunità a denunciare le ricadute pena la perdita dei finanziamenti. Stroncare però la riabilitazione per riaprire le porte del carcere non serve”. Anche in questo, dice Della Monica, va rivista la legge.

Articolo di Franca Selvatici
preso da La Repubblica, 11 luglio 2012